Una rete professionale, strutturata, di fiducia, solida, veloce, che ha dimostrato anche nella delicata fase COVID-19 di essere punto di riferimento di milioni di italiani. Questi i motivi per cui l’81% delle dichiarazioni fiscali viene raccolto in tutta Italia dai CAF, i Centri di Assistenza Fiscale, che hanno una diffusione territoriale capillare su tutto il territorio nazionale, compresi i piccoli centri.
Per questa ragione, i CAF vengono considerati dal cittadino il punto di riferimento delle relazioni economiche che lo legano allo Stato e questo vale in maniera trasversale per tutti i ceti e in tutte le regioni.
Questo trend – anche dopo l’avvio della procedura del 730 online – non tende a diminuire tanto che in numeri assoluti il lavoro dei CAF è ulteriormente aumentato passando da 17.369.822 di dichiarazioni del 2015 a 18.080.000 di dichiarazioni gestite nel 2020. Numeri che non potranno subire sostanziali ridimensionamenti nemmeno in futuro.
Le ragioni possono riassumersi:
- nella fidelizzazione dell’utenza che vive un rapporto di fiducia consolidato con i CAF e le loro organizzazioni di riferimento;
- nella mancanza di tempo e la paura di sbagliare che spingono il contribuente a rivolgersi ad un intermediario, che assiste e tutela, e allo stesso tempo garantisce correttezza e legalità fiscale per non incorrere in errori, ed evitare il pagamento dell’eventuale sanzione;
- nella scarsa dimestichezza con l’informatica e i servizi telematici di ancora larga parte della popolazione.
Nonostante ciò, nel Dl Agosto approvato dal Parlamento sono stati riconosciuti ai CAF solamente 20 milioni di euro, una tantum, per il 2020, a fronte della richiesta (reiterata più volte) di ripristinare un compenso economico adeguato e commisurato a quanto effettivamente prodotto dall’attività 730. Già lo scorso anno – a causa della scelta di imporre un tetto massimo di spesa – ai CAF è stato infatti rimborsato solo il 56% delle dichiarazioni trasmesse, 217 su 387 milioni di euro. Un mancato riconoscimento di 170 milioni di euro!
Altro settore in cui l’intervento dei CAF è imprescindibile è quello legato alle prestazioni agevolate per i servizi pubblici attraverso ISEE. Al momento sono oltre 7 milioni le famiglie italiane che hanno usufruito dei servizi dei Centri di Assistenza Fiscale con un incremento, rispetto al 2019, di oltre il 25%.
I CAF, per il loro modello organizzativo molto flessibile, consentono di realizzare servizi a costi molto bassi. Costi che lo Stato, da solo, non sarebbe in grado di ottenere. Tuttavia, nonostante la convenienza per la pubblica amministrazione e per il cittadino e nonostante l’aumento esponenziale del lavoro dei Centri di Assistenza Fiscale (anche sul fronte Isee) durante tutta la difficile fase della pandemia, il governo ha continuato a ridurre i finanziamenti a favore dei CAF:
«I CAF – dichiarano Mauro Soldini e Massimo Bagnoli, del Coordinamento Nazionale dei CAF – sono sempre stati al fianco delle istituzioni dello Stato, come l’Agenzia delle Entrate e l’Inps, diventandone in sostanza uno dei bracci operativi. La crescita del livello di informatizzazione raggiunto dal fisco italiano è stata ottenuta anche grazie all’apporto dei Centri di Assistenza Fiscale che hanno applicato appieno l’evoluzione digitale in atto nel rapporto Stato – contribuente. È proprio grazie ai dati inviati dai CAF (e dagli altri intermediari) che L’Agenzia può predisporre le singole dichiarazioni dei redditi. Tuttavia, ricade sempre sul cittadino l’onere di verifica, motivo per cui continua a rivolgersi ai CAF. Stupisce che, proprio per i molti e diversi fronti su cui i CAF sono impegnati, risultando indispensabili per gli utenti, le risorse stanziate dal governo siano state sistematicamente ridotte anziché commisurate e aggiornate alla situazione reale».